Non vi è alcun dubbio circa la gravità dell’emergenza che stiamo vivendo, a livello nazionale così come nel resto del mondo. Una crisi senza precedenti che, in modo impietoso e violento, sta sconvolgendo le vite di milioni di persone causando migliaia di morti. Ogni giorno, i vari reporter internazionali stilano un bollettino di guerra, fornendo i dati dei contagiati e dei deceduti nelle ultime 24 ore. Negli stati Uniti, si stima che, ad emergenza Covid-19 conclusa, i morti potrebbero attestarsi tra i 150 e i 250.000. Non meglio l’Europa, dove la pandemia si sta espandendo con una rapidità impressionante in tutti gli stati membri.
La “comunicazione in emergenza” è uno dei fondamentali capitoli del Crisis Management, cioè quella branca della cultura manageriale che disciplina la gestione di una crisi. Essa fonda la sua efficacia anzitutto su alcuni punti chiave: sincerità, rapidità, empatia e conoscenza di quanto viene comunicato in relazione ai fatti accaduti. Nulla può sostituire un saper esporre con realismo l’emergenza che ci si trova ad affrontare. Realismo che non vuol dire dare una visione catastrofica e terrificante, ma che spesso viene bypassato per il timore di esporre con decisione quanto sta succedendo. Aprendo così la strada ad un peggior nemico: la dis-informazione che, a sua volta, alimenta congetture e divulgazione di notizie non attendibili, se non addirittura false.
(Il Governatore della Lombardia Attilio Fontana, primo ispiratore e difensore delle misure di lock down delle nostre città)
In scenari come quello attuale, il rischio di una comunicazione non corretta è pericoloso quanto il virus che ci sta falcidiando. Anzitutto perché il non rappresentare un quadro veritiero, anche se crudo e terribile come quello dei deceduti per il Covid-19, genera un problema che sta a monte di tutto quello che si cerca di fare, il persuadere la popolazione che l’unico modo, l’unico vaccino che ci consente di prevenire il contagio è lo stare nelle nostre case. Questo è uno dei “big problem” che abbiamo visto anche a livello delle singole realtà comunali dove, in alcuni casi, non è mai stato detto in modo chiaro e inequivocabile quanti sono i positivi, quanti si stanno curando a casa, quanti in ospedale e quanti, malauguratamente, sono deceduti. Comunicazioni timide e incomplete da parte di chi, per dovere istituzionale, dovrebbe essere tenuto a fornire ai propri concittadini un quadro fedele di quanto si sta vivendo e dei reali pericoli che si corrono se non si attuano le misure proposte. Accompagnando questo realismo da un messaggio positivo, rappresentato dalla visione di un miglioramento graduale della situazione se, e solo se, se ne è compreso la gravità e si seguono le direttive stabilite.
In queste lunghe e interminabili settimane, in cui regnano paure ataviche e incertezze per il futuro, si è palesato più volte un altro grave handicap nella comunicazione istituzionale: l’emettere dichiarazioni contrastanti. Lo si è visto ed ascoltato si dalle prime fasi dell’emergenza. Virologi che si smentivano circa la pericolosità dell’epidemia, Governatori delle regioni che venivano smentiti dal governo centrale, politici che richiamavano alla calma e al non farsi prendere da un inutile panico ed altre ancora.
Ancora in data di oggi, primo giorno di aprile, si innesca un’ulteriore divergenza di vedute circa l’opportunità di far uscire di casa i bambini. Polemica che ingenererà comportamenti pericolosi in una fase in cui stiamo raggiungendo il picco epidemico e che, come detto dai massimi esperti in campo scientifico, errori di aperture precoci possono causare ulteriori contagi. Una frammentazione nella comunicazione che rischia solo di ingenerare confusione e comportamenti self made pericolosi per chi li attua e per la comunità in cui vive.
La comunicazione istituzionale in stato di crisi, a qualsiasi livello, centrale o locale, dovrebbe essere strettamente studiata, valutata e, prima di essere divulgata, condivisa dai principali attori protagonisti dell’emergenza in corso. Solo così si darebbe maggior forza e credibilità ad una comunicazione che si pone l’obiettivo di informare correttamente e salvare così molte vite umane.