LA TERAPIA della RESPONSABILITA’
Una emergenza alla quale non eravamo preparati e che, quasi certamente, non credevamo potesse avvenire. Per la prima volta nel corso della vita, le generazioni che non hanno vissuto le ansie e le paure del secondo conflitto mondiale si stanno confrontando con le angosce che sembravano ormai appartenenti ad un passato che non sarebbe mai più ritornato, quasi al pari di una patologia debellata per sempre da un vaccino. Così non è. Oggi, ci stiamo confrontando con un nemico invisibile, che ci preesiste nella lunga storia della terra e che, purtroppo per noi, è in grado di minacciare la nostra vita.
Storicamente, l’evento pandemico ancora oggi ricordato è l’epidemia di influenza spagnola, avvenuta tra il 1918 e il 1920. Portò al contagio di cinquecento milioni di persone. Fu Favorita dalla concomitanza della fine della Prima Guerra Mondiale, con evidenti condizioni igienico sanitarie inesistenti e flussi migratori che spostavano milioni di persone da una nazione all’altra. Da allora il mondo si è trasformato, ma l’evoluzione che ci contraddistingue fa sì che il mondo sia oggi piccolo e interconnesso. Più di quanto immaginiamo, più di quanto possiamo percepirlo come reale minaccia. Condizioni che, ancora oggi come allora, favoriscono la diffusione di un virus.
In questi giorni in cui le informazioni e gli aggiornamenti si susseguono in modo vorticoso, abbiamo utilizzato un termine che rispecchia la pandemia in ambito comunicazionale: l’Infodemia. Termine che ben rappresenta l’aumento esponenziale di affermazioni, comunicazioni, pareri, scritti e teorie che, molto spesso, creano solamente confusione e generano ansie che dovrebbero essere combattute. La comunicazione in momenti di crisi deve rispettare canoni precisi, primo dei quali è l’essere affidata a chi ha competenza.
Ai professionisti della comunicazione spetta il ruolo di coadiuvare le istituzioni nel diffondere in modo corretto le direttive volte a contrastare l’avanzamento dell’epidemia in atto. L’impostazione dei recenti Dpcm pubblicati in Gazzetta Ufficiale, fonda la sua ratio nella collaborazione e nel senso di responsabilità dei cittadini. Vane sarebbero le limitazioni imposte in assenza di una autolimitazione che, ognuno di noi, deve essere in grado di attuare sin da subito per se stesso, per i propri cari e per la collettività.
Ricomprendere l’intera penisola in quella “zona rossa” priva dell’elemento coercitivo – per intenderci i blocchi all’uscita di una città – rappresenta un reale pericolo. Ne sono tristi esempi gli ammassi di persone che, in questi ultimi giorni, nelle stazioni, in località di mare o di montagna e nei supermercati si sono concentrate contravvenendo alla regola più elementare. Tutto questo con buona pace degli accorati appelli fatti dal nostro personale ospedaliero che ci ”implora di rimanere a casa”, unico vero modo di prevenire e interrompere il contagio.
L’estenuante lavoro svolto negli ospedali da medici e infermieri deve essere supportato dai nostri comportamenti. Diversamente, non potranno supplire oltre alle carenze strutturali già chiaramente delineate. Diversamente, il prezzo che rischieremo di dover pagare sarà incalcolabile. Diversamente, il loro lavoro sarà vanificato e il loro limite di sopportazione di turni estenuanti li renderà facili bersagli di quel nemico che combattono ventiquattrore al giorno.
Le evidenze che ci giungono dalla Cina pongono la nostra attenzione su di un fatto importante, strategico e forse non procrastinabile. L’aver affrontato l’emergenza con una “chiusura totale” delle aree colpite dal COVID-19, sta dando i primi risultati. I contagi diminuiscono e all’orizzonte si profila un lento ritorno alla normalità. Prova ne è lo smantellamento dei presidi ospedalieri costruiti in pochi giorni per far fronte all’emergenza. A cose finite e superate, forse dovremmo andare a farci insegnare qualche cosa.
Legittimi e legittimati sono i dubbi su questa “linea rossa ibrida” adottata che, senza mezzi termini, si gioca l’efficacia sulla consapevolezza e sulla adesione dei cittadini ai divieti. Se così non sarà, senza indugio bisogna ricorrere ad un blocco totale, che ci consenta di superare, e non prolungare, questa fase di estremo pericolo. Se di danni economici vogliamo parlare, non sarà certo il prolungare l’emergenza che compenserà l’apertura per qualche ora al giorno di attività non essenziali che, però, fungono oggi da veicoli di contagio incontrollato. Se di vite da salvare vogliamo parlare, null’altro dobbiamo dire. Dobbiamo solo avere più coraggio e andare sino in fondo.
Pur in assenza di un vaccino specifico e di terapie mirate, abbiamo a nostra disposizione un antidoto in grado di aiutarci a superare questa terribile emergenza…..il nostro SENSO di RESPONSABILITÀ.