Digital Wellbeing: il benessere digitale in azienda

 

Difficile rendersene conto. Quasi impossibile farne a meno. Ma di che cosa? Di essere “connessi” e raggiungibili ormai senza pause. Di fare più cose contemporaneamente, come ad esempio rispondere ad alcune mail mentre partecipiamo ad una riunione. O ancora, parlare al telefono mentre stiamo scrivendo un teso sul nostro pc.

Tecnicamente si chiama “Multitasking“, cioè l’essere impegnanti a fare più cose contemporaneamente. Questo tipo di comportamento ha degli effetti sulla plasticità cerebrale andando ad intaccare la capacità di essere concentrati. Così afferma l’esperta Monica Bormetti, psicologa e consulente in wellbeing aziendale. Non solo, la contestualità di diverse azioni porta ad un inevitabile rallentamento in ognuna delle attività intraprese.

La dott.ssa Bormetti propone un semplice esperimento. partiamo da un foglio bianco. Scriviamo i numeri da 1 a 10 e cronometriamo il tempo. stessa cosa per le lettere dalla A alla L. nella terza fase, scriviamo la combinazione delle due azioni precedenti, cioè 1A, 2B etc. Cronometrando anche questa azione, osserveremo che il tempo richiesto è maggiore, in ragione della necessità per il nostro cervello di fondere due categorie differenti di dati. Semplice ma illuminante.

 

Il Benessere Digitale è definibile come “la condizione di chi sa sfruttare le crescenti opportunità messe a disposizione dai media digitali, sapendo al contempo controllare e governare gli effetti delle loro dinamiche indesiderate“. Con tale orientamento, Google ha dato il via, ormai da un anno, ad  un grande progetto di lavoro sul tema del wellbeing e, nei paesi anglosassoni, già molto si è fatto nelle aziende in tale direzione.

Come può essere interpretato ed applicato in azienda il concetto di benessere digitale? Essenzialmente ponendo attenzione a due differenti aree:

  1. Anzitutto a quella della produttività. Recenti ricerche su tale tema dimostrano che, mediamente ogni 3 minuti , professionisti e lavoratori  d’ufficio vengono interrotti o si auto-interrompono in quello che stanno facendo. Vengono interrotti da mail in arrivo, messaggi sui gruppi di lavoro, chat etc., o si auto- interrompono per quella assuefazione, ormai metabolizzata, ad occuparsi di più azioni contemporaneamente.
  2. In secondo luogo, il benessere. Fattore più considerato dalle persone quando sono alla ricerca di una posizione lavorativa. Questo è quanto evidenzia l’employer Brand research 2019 di Randstad su oltre 6.000 aziende nel mondo. A titolo di esempio, si possono considerare le richieste dei lavoratori di alcune grandi multinazionali che hanno posto la loro attenzione sull’avere zone di relax in cui “sia vietato l’uso di telefoni cellulari e tablet“.

Da queste ricerche emerge l’importanza assunta dagli ormai onnipotenti smartphone ma, al tempo stesso, la impellente necessità di regolamentarne e circoscriverne l’uso, sia ne i tempi che nei modi.

Come si può tradurre tutto questo in una pratica aziendale da vivere giornalmente? A questa domanda, ci risponde con estrema chiarezza la dott.ssa Bormetti. I capitoli su cui si può, e di deve, lavorare sono:

1) Aree phone-free

2) Tempi phone-free

3) Linee guida nella gestione mail

4) Favorire il movimento

5) Strutturare attività di relax

Ecco i punti che consentiranno ad ogni azienda di “detossificare” i propri dipendenti da un uso continuo di smartphone e tablet in ogni momento e in ogni luogo. Basti pensare alla zona mensa, dove oggi è facile vedere ogni commensale impegnato a consultare, rispondere o chattare con il proprio telefono, anziché conversare con i propri colleghi. In un’area in cui non si potranno portare smartphone, saremo invece “obbligati a parlarci”, raccontandoci una vacanza, della nuova macchina ordinata o di una partita di calcio del proprio figlio.

Per concludere, una nozione presa in prestito dalla neurofisiologia. Il nostro cervello diviene più creativo quando è in una condizione di relax. Progetta, idealizza e sogna. Quello che non facciamo più quando siamo costantemente connessi.