CONFLICT MANAGEMENT

(Il PICCOLO  – Martedì 3 dicembre 2019)

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In questa uscita settimanale, Massimo Brusasco ci ha intervistato su di una tematica sempre più attuale: la “Gestione di Relazioni Conflittuali”.

Volendo comprendere la natura di molte crisi conflittuali, si evidenzia che la maggioranza dei conflitti quotidiani, in ambito aziendale, personale e professionale, vengono innescati per una motivazione ben precisa: “la rottura del sistema di comunicazione, per un insuccesso del dialogo”. Un dialogo che, senza mezze misure, denota inequivocabilmente una carenza di abilità relazionali e di intelligenza sociale. Situazioni in cui vengono a mancare le doti di ascolto, fiducia e rispetto reciproci.

Come affermato da Paul Watzlawick nel testo “Pragmatica della Comunicazione Umana“, ogni comunicazione è composta da due elementi: il contenuto e la relazione. Il primo è l’oggetto del contendere, la “causa del conflitto“. La relazione è, invece, il modo in cui viene esplicitato il contenuto. Uno degli errori che sovente viene fatto da persone inesperte e improvvisate è il personalizzare la componente oggettiva, portando violenti attacchi alla persona che la rappresenta. Sempre più frequentemente la nostra consulenza si esplica nell’assistere una clientela che necessità di gestire relazioni conflittuali nascenti o sovente già deteriorate da una sommatoria di azioni scorrette dovute ad inesperienza e mancanza di formazione. Le cause dirette che innescano un conflitto vanno ricercate anzitutto in obiettivi, interessi, regole e valori differenti. Contestualmente, il venir meno del rispetto degli accordi e dei rispettivi ruoli. Comportamenti che generano sensazioni di risentimento e rivalsa. Da queste iniziali considerazioni, nasce una prima riflessione. L’importanza di gestire una relazione con “assertività”, cioè affermando le proprie idee con fermezza ma, al contempo, essendo flessibili e rispettosi di quelle altrui, con l’intento di instaurare condizioni predisponenti ad un dialogo corretto e rivolto alla ricerca di soluzioni. Ecco il valore della cosiddetta “gentilezza assertiva“. Con una condizione imprescindibile: la “reciprocità”.

Di centrale importanza, nell’attività di prevenire e gestire eventuali conflitti insorti, è il delineare la figura del “comunicatore esperto”. Un professionista che ha anzitutto consapevolezza, esperienza e responsabilità di ciò che contribuisce a far accadere. Agisce con pragmatismo, strategicità e in modo sistematico. Comprende e riconosce le implicazioni emotive. E’ empatico, cortese e non cede alla vana lusinga dell’uso di toni arroganti e sgarbati quali affermazioni della propria forza. Sempre alla ricerca di una soluzione.

Quali potrebbero essere i termini che identificano un conflitto?

Anzitutto, “escalation”. Più di tutti è in grado di rappresentare la progressione di un conflitto. Conflitto che, in realtà, all’inizio è frequentemente di piccole dimensioni. La crescita da piccolo a grande conflitto, avviene come risultato di iniziative prese e perseguite senza successo e in assenza di una strategia efficace.

Conoscere le differenze tra contraddittorio e negoziazione. Nel primo, in punti di vista sono diametralmente opposti e le diverse parti cercano di sopraffarsi. Nella seconda, pur essendoci punti di vista lontani tra loro, le parti cercano con positività e rispetto di giungere ad un compromesso che porti alla risoluzione del conflitto.

Il “No positivo“. Ai più sconosciuto, non compreso e sottovalutato. Cipputi si chiederebbe: come è possibile dire NO affermando un SI? Non solo è possibile, ma è strategicamente importante esprimere un NO positivo, riconoscendo i grandi vantaggi che ne derivano, in primis nella forza contrattuale di chi lo esprime. Vantaggi che, molto spesso, alimentano positivamente la propria autostima. Si può allora comprendere come utilizzare la fatidica formula: SI, NO, SI. Si alla persona, NO alla richiesta e un SI per il futuro della relazione.

Infine, un’abile espediente che ben conoscono i professionisti esperti. Evitare di fare sedere le parti confliggenti da opposti lati del tavolo in sala riunioni. Ma, bensì, posizionarli affiancati. Questa posizione genera una predisposizione psicologica ad una maggior collaborazione e, contestualmente, abbassa l’attitudine ad affrontarsi in modo aggressivo.

Strategie e tattiche, mosse e contromosse, in un gioco psicologico che rispetti, anzitutto, la personalità di ogni controparte. Con un obiettivo preciso: risolvere il conflitto in quell’ottica denominata WIN WIN.