E’ una mattina di fine estate. Siamo in Liguria. L’aria fresca del mattino e il cielo limpido preannunciano una giornata calda. Il mare è immobile, solo mosso da qualche refolo di vento delicato e gentile. Tante le persone che passeggiano, per recarsi a fare le spese o per andare a godersi il primo sole in spiaggia. L’atmosfera di vacanza permea i ritmi di una giornata che si preannuncia per tutti coloro che di quel meraviglioso mare vogliono godere ogni momento.
(Una incantevole mattina d’estate in un tipico scorcio della Riviera Ligure)
In questa giornata ideale e con le aspettative di chi ne godrà ogni istante con gli occhi di un convinto vacanziere, mentre sto percorrendo un caratteristico lungo fiume, delimitato da meravigliose piante di ulivo, vedo avvicinarsi una delle tante panchine che, all’ombra di quegli ulivi, offrono un rinfrescante punto di ristoro. Una di queste è occupata. Più mi avvicino più mi rendo conto che la persona che è seduta al centro ha un abbigliamento strano per la stagione e la temperatura di quei giorni. Infatti, indossa un giaccone invernale, con un cuffia di lana sulla testa. Un eclettico vacanziero o un convalescente alle prime uscite? Proprio no!
Man mano che mi avvicino vedo che quest’uomo sulla panchina che tanto mi incuriosisce è su di essa allungato. Le mani in tasca e il capo reclinato in avanti sul collo. Ora comprendo. Sta dormendo. Tuttavia, questo sonno profondo viene interrotto dallo scoppiettio di un Ape carico di bombole per i sub che da li a poco usciranno in mare per una escursione al Cristo degli Abissi. Con un sussulto l’uomo sulla panchina apre gli occhi e con uno scatto alza la testa guardandomi con uno sguardo assonnato ma profondo.
Dopo un primo momento di esitazione, assecondando una genetica predisposizione al rapporto umano, con un sorriso ed una battuta sul fracasso dell’Ape appena passato mi conquisto una risposta. Spiritosa anch’essa. Così inizia un dialogo che riuscirà a stupirmi. Una conversazione di quelle che fanno riflettere su come la vita possa presentarci terribili “Tzunami” in grado di stravolgere le nostre esistenze.
La nostra conversazione è durata circa 15′. Poco vero? Eppure, in quel breve e inatteso incontro, ho ascoltato il racconto di due vite vissute da quella persona che avevo davanti. La prima, fatta di una famiglia e una attività artigianale affermata. La seconda, devastante per l’incombere di una crisi economica, familiare e personale, capace di portare il nostro Gino a vivere per strada. Una cosa mi ha stupito e continua a farmi riflettere, anche oggi ad alcuni mesi di distanza da quell’incontro. L’accettazione e la positività con cui Gino vive la sua condizione oggi. Con una rassegnazione non piena di rabbia, di voglia di vendicarsi nei confronti di una vita che lo ha maltrattato. Ma con dei sentimenti in grado di fargli apprezzare quello che oggi ha!
In quei 15′ ho ascoltato tanto, parlando poco. Ho notato che questo lo ha gratificato molto. Lapalissiano, chi da la possibilità ad un clochard di raccontare la sua storia, di ripercorrere le tappe di una vita drammatica e travagliata. Forse nessuno. Ecco, allora, che da quell’ascolto ho capito come quella giornata fosse veramente speciale. non per quello che materialmente possiamo lasciare. Ma, fondamentalmente per due motivi. Il primo. Aver considerato una persona con le sue storie sperando di averlo gratificato e rincuorato. La seconda. Poter riflettere su quanto siamo fortunati per tutto quello che abbiamo. Casa, famiglia, lavoro, amici e tanto altro ancora.
Il saluto finale è stato quello di due vecchi amici che hanno condiviso storie di vita, sapendosi ascoltare senza giudicare. Con qualche battuta ci siamo lasciati rendendo la nostra giornata più piena. Di sentimenti e di quella condivisione che ci rende molto simili anche se contraddistinti da esperienze di vita moto diverse.
Un ultimo insegnamento prezioso. Saper affrontare le vicissitudini della vita con un sorriso perché, comunque vada, la vita ci può regalare momenti di gioia. Pensate, questo é il pensiero di una persona che vive tra le panchine panchine e le mense della Caritas….quando si parla di resilienza!
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E, allora, GRAZIE GINO per questa lezione di vita. Per avermi dato la possibilità, in una incantevole giornata di vacanza, di vederti sorridere per essere stato ascoltato e compreso. Sensazione che mi ha accompagnato per molto tempo e, ancora oggi, mi da emozioni positive.