Alla base delle regole che governano la Comunicazione in Emergenza vi è, anzitutto, la necessità di chiarezza dei messaggi che vengono divulgati e, in secondo luogo, la preparazione di coloro a cui è conferito l’incarico di divulgarli. Tanto più l’emergenza è grave, quanto più bisogna essere chiari e autorevoli.
Volendo partire da molto lontano, verrebbe da chiedersi se, ancora oggi, alla vigilia della nuova massiccia ondata del Covid-19, i molti soggetti responsabili della gestione della comunicazione d’emergenza abbiano chiaro il concetto di cosa si intende, e come si deve realizzare, ad ogni livello, una corretta e chiara comunicazione in tale difficile situazione.
Definiamo, anzitutto, il concetto di #Emergenza. Riferendoci alla terminologia anglosassone che, con “EMERGENCY”, indica una “particolare condizione di accadimenti che danno vita ad un momento critico, con la richiesta un intervento immediato che determina quella particolare situazione definita #Statodiemergenza“. Già questa definizione ci introduce a quello stato psicologico che diviene dilagante quando ci sentiamo minacciati ed in pericolo. Un pericolo che può derivare da fonti differenti. Un terremoto, una alluvione, un evento sociopolitico o, come nella situazione che stiamo vivendo ancora oggi, un invisibile virus.
(June Almeida: prima ricercatrice ad osservare, negli anni ’60, un Coronavirus umano)
Abbiamo, non a caso, accennato a quello stato di incertezza e di paura che ci assale ogni qualvolta ci troviamo ad affrontare una situazione grave ed imprevista. Soprattutto quando non sappiamo quali decisioni prendere e, di conseguenza, quali comportamenti tenere. L’incertezza derivante dal come ci si debba comportare difronte ad una emergenza genera paure e perdita di lucidità, contribuendo ad alimentare comportamenti non consoni e, non di rado, in grado di esporci a rischi ancor maggiori. In queste circostanze, il primo nemico da combattere, è l’instaurarsi di “comportamenti irrazionali” e contrari a quanto, contrariamente, dovrebbe essere fatto.
Nella condizione in cui ci troviamo oggi, la ripresa con forza dei contagi è ormai conclamata e, giorno dopo giorno, contribuisce a far ricadere l’intera Europa in quell’incubo che speravamo di non rivivere. E l’Italia non fa eccezione. Ogni situazione di vita, anche la più innocua e scontata, viene presentata come a rischio di contagio. Perciò, in grado di mettere noi e chi ci sta vicino in pericolo.
In questa escalation di dati su nuovi positivi, asintomatici e ricoverati nei reparti di terapia intensiva, veniamo ancora una volta investiti da uno Tornado di informazioni, provenienti dalle più disparate fonti politiche, sociali e scientifiche. Fonti e personaggi che, troppo spesso, si sconfessano a vicenda, suscitando scenari apocalittici da un lato e, all’opposto, invitando a non farsi paralizzare da un pericolo, tuttavia, non così terribile. Ecco allora lo stillicidio giornaliero delle più disparate tesi, provenienti da personaggi che, con il mondo della virologia e della scienza, non hanno nulla a che fare, come politici, blogger, opinionisti, influencer e chi più ne ha ne metta.
Forse, vale la pena di fare alcune considerazioni.
La prima è certamente attinente alla #Legittimità, cioè all’autorevolezza di chi comunica un qualche messaggio inerente l’attuale emergenza. Essere legittimati, nell’accezione comune, indica avere titolo per trattare una determinata materia, con competenza e autorevolezza. Già questi due termini dovrebbero farci stare alla larga da coloro che avanzano tesi senza avere alcun titolo per sostenerle.
In secondo luogo, trattandosi di una emergenza che pone un’intera società in pericolo, sia dal punto di vista sanitario che da quello economico e sociale, una comunicazione chiara ed efficace dovrebbe avere una caratteristica imprescindibile: la “univocità dei messaggi“. Molto pericolosa e fuorviante la tendenza, peraltro già vista nella prima fase dell’emergenza Covid, di politici, esperti, o, ancor peggio, eminenti esponenti del mondo medico e della ricerca che, troppo spesso, si contraddicono senza troppi complimenti. Fuorviante per la vastissima platea che cerca di capire quali siano i migliori comportamenti e le migliori pratiche da attuare per evitare il contagio.
Come conseguenza prima, si osservano almeno due differenti prese di posizione. Coloro che si attengono con scrupolo alle misure di tutela proposte e, dall’altro lato, quelle persone che, con lo scetticismo alimentato da chi minimizza e contrasta i messaggi di estrema cautela nei comportamenti e nella vita sociale, banalizza la situazione esponendo se stesso e chi gli viene in contatto a possibili rischi di contagio.
Ben diversa è una comunicazione che concorda sia nei contenuti che nella forma. Una comunicazione che risponda a quei canoni che i professionisti della materia sono in grado di rispettare. Una comunicazione che dovrebbe essere gestita da quella emblematica figura professionale che prende il nome di #Spokenperson, tradotto nella nostra lingua, il “Portavoce”. Vale a dire un professionista preparato anzitutto sotto il “Profilo Comunicazionale“ e “Relazionale“, in grado di divulgare con grande preparazione e linearità i messaggi e le disposizioni necessarie a contrastare lo stato di emergenza. Così avviene nei maggiori stati occidentali. Così non avviene in Italia, dove una pletora di opinionisti e virologi improvvisati avvalorano tesi senza alcun fondamento scientifico.
Se in questo preoccupante mese di ottobre del 2020 siamo alla ricerca delle migliori strategie per ridurre al minimo l’impatto di questa nuova ondata di contagi, la nostra prima terapia salvavita è certamente rappresentata da quei #ComportamentiConsapevoli, originati e legittimati da una #ComunicazioneScientifica che, ad ogni livello, trasmetta messaggi dotati di quella autorevolezza in grado di indurre consapevolezza e adesione a quanto richiesto.
In attesa di un vaccino che sia in grado di difenderci da questo spietato nemico, utilizziamone uno già pronto. Quello della professionalità e del rigore scientifico.
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